Giovedì 6 dicembre 2018, dalle 18.30 alle 21.30, presso la Galleria del Museo d’Arte Urbana, via Rocciamelone 7 c Torino, inaugurazione della mostra personale di Armando Prieto Pèrez “Reliquie dell’umanità”, a cura di Edoardo Di Mauro e Daniele D’Antonio
Mostra organizzata con Officine Brand www.officinebrand.it
Fino al 14 gennaio 2019 lunedì ore 17-19 o su appuntamento
L’evento è inserito nel cartellone di Contemporary Arts Torino Piemonte 2018
Sostenitori istituzionali : Regione Piemonte, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Circoscrizione 6 Comune di Torino
Sponsor tecnici : OIKOS Colore e Materia per l’Architettura, Fiammengo Federico srl
Direzione Artistica della Galleria del MAU : Daniele D’Antonio e Edoardo Di Mauro
Partner : Associazione Tribù del Bad Night Cafè/Cabina dell’Arte Diffusa, Officine Brand www.officinebrand.it, Galleria Campidoglio www.galleriacampidoglio.it
Info : 335 6398351 info@museoarteurbana.it www.museoarteurbana.it www.armandoprietoperezarte.blogspot.it
RELIQUIE DELL’UMANITA’
La poetica artistica del Novecento, a partire dall’avanguardia storica, in questo caso non solo l’organico ed anticipatore Futurismo, ma soprattutto Dada, con l’intuizione oggettuale di Marcel Duchamp, orinatoi e ruote di bicicletta investite di aura artistica dalla forza sciamanica dell’artista e gli assemblaggi di Kurt Schwitters, si è cimentata con una concezione nuova dell’arte, un’arte che fosse in grado di aprirsi al mondo, contaminarsi con il quotidiano tramite l’acquisizione di reperti di realtà secondo la logica dell’ “objet trouvè”.
Queste tematiche hanno trovato una diffusione su larga scala, nell’ambito di un concetto e di una pratica di avanguardia “normalizzata” a partire dal secondo dopoguerra.
Con l’avvento del successivo ciclo caratterizzato dall’ingresso in una fase di post modernità i temi relativi ad un utilizzo dell’arte contemporanea come viatico per una migliore qualità della vita hanno assunto, specie nell’ultimo ventennio, una evidente centralità.
Come già citato in apertura, nel secondo dopoguerra l’avanguardia artistica radicalizzerà ulteriormente i termini della questione, proponendo un’installazione vista come puro prolungamento della corporalità fisica e mentale, oltre la tradizionale dialettica inerente il rapporto tra l’oggetto e lo spazio.
Lo scenario attuale, posto all’interno di una stagione di avanzata post modernità, ha ulteriormente rimescolato le carte, con un eclettismo stilistico dove la rivisitazione dei modi e delle maniere dell’avanguardia novecentesca ed il ritorno alla manualità pittorica, tipici della fase tra il 1975 ed i primi anni ’90, sempre più si abbina al rapporto con la tecnologia ed i media, sia dal punto di vista del confronto teorico ed iconografico che dell’ausilio di questi nuovi strumenti nella costruzione dell’opera.
Un dato è comunque certo, dopo la violazione estrema del vincolo bidimensionale operata negli anni Sessanta e Settanta ed il quasi totale azzeramento dell’oggetto-opera con l’arte vissuta come interrogazione sul suo statuto ed il suo scopo e come prosecuzione della filosofia secondo la tesi più radicale del concettualismo incarnata da Joseph Kosuth che inverte il noto paradigma hegeliano sulla morte dell’arte in favore della filosofia, tutto il ciclo del postmoderno ha posto in essere, con l’accento più marcato ora su uno stile ora sull’altro, una libertà di forma e di sperimentazione molto accentuata.
Il lavoro di Armando Prieto Pèrez, oggetto di questa personale presso la Galleria del Museo d’Arte Urbana, organizzata grazie al fondamentale supporto di Domenico Graglia e di Officine Brand , si colloca, a mio parere, all’interno delle coordinate generali dell’avanguardia novecentesca e post moderna sopra citate, con modalità originali che rendono la sua produzione unica
Prieto Pèrez è nato a La Habana, Cuba, nel 1975, ed attualmente vive in Italia, a Pisa.
La sua provenienza dall’isola caraibica, luogo votato alla spiritualità ed all’incrocio di culture, ha certamente influenzato la sua vocazione.
Personalità culturalmente eclettica, come scrittore ha pubblicato il romanzo “Tutte le volte che vuoi”, edito con successo da Rizzoli nel 2015, l’artista è dedito all’insegnamento ed a pratiche olistiche, che indicano la volontà di perseguire un percorso di crescita personale da condividere empaticamente con il prossimo.
Oggetto di questa personale è la produzione oggettuale ed installativa, a cui l’autore affianca una ricerca pittorica in cui prevale una componente simbolica, dove si cimenta nella individuazione dei ritmi nascosti dell’universo naturale e tratteggia ritratti dalla forte valenza introspettiva, veri e propri scandagli dell’anima, senza tralasciare la realizzazione di video che si rivelano dei docufilm su tematiche di impegno sociale come la prostituzione e l’identità sessuale.
Le installazioni di Prieto Pèrez sono, come recita il titolo della personale, autentiche “Reliquie dell’umanita”.
La contemporaneità della prassi e dell’assemblaggio di teche ed oggetti, si sposa a citazioni provenienti dal passato, da un universo alchemico e simbolico ad oggi vivo e presente, anche se occultato dalla liquidità della condizione attuale.
La produzione di Prieto Pèrez è segnata da una tenace volontà di ricostituire l’unità scomparsa delle cose, fornendo della pratica dell’arte una visione sciamanica, con l’artista visto come mago, come alchimista e come terapeuta in grado di avvalersi di tutti i materiali possibili per dare vita ad installazioni complesse e stratificate, esemplari per la loro carica archetipa e simbolica..
Questo procedere per raccolta e successiva accumulazione, assolutamente originale quanto ad impostazione formale, ricorda talune esperienze di Fluxus, gruppo storico dell’avanguardia dotato di un particolare approccio alla relazione tra arte e vita, con particolare riferimento alle cassette “magiche “ di Cornell.
Il riferimento all’alchimia, a simboli massonici tipici della Massoneria figlia dell’Illuminismo, da cui parte la volontà di inventariare tutto lo scibile umano, anche quello legato al culto, alla tradizione, alla memoria ed alla devozione, per spostarlo dal versante della superstizione a quello dell’antropologia.
Vestigia devozionali , il simbolo esoterico dell’Occhio inserito in arti ed elementi di anatomia umana simili ad ex voto, il misticismo dei Santi della Cristiamità , cercano di condurre lo spettatore, stupito e sollecitato dall’insolito allestimento, alla ricerca di un senso “altro” del mondo e della vita, oltre la dimensione statica di questo passaggio epocale, inevitabile transizione verso una auspicata e più armonica condizione futura.
Edoardo Di Mauro, novembre 2018