inanima

Serata di presentazione della nuova collaborazione tra MAU Museo d’Arte Urbana di Torino e l’Associazione HulaHoop Torino/Roma

Venerdì 6 febbraio 2015, dalle 19.00 alle 00.00 in via Rocciamelone 7 c a Torino, presso la sede del Museo d’Arte Urbana, serata multidisciplinare che sancisce la nuova collaborazione tra il MAU e l’Associazione HulaHoop Torino/Roma

Il Museo d’Arte Urbana, dopo la collaborazione con la galleria Pow di Alessandro Icardi, inizia una nuova collaborazione con l’Associazione HulaHoop Torino/Roma, all’insegna della comunanza progettuale, della multidisciplinarietà e dell’apertura verso il territorio e la città.
L’Associazione HulaHoop, e relativo progetto, nascono a Roma nel 2009 dallo spirito spontaneo e appassionato di Gerlanda Di Francia, pittrice, Elisabetta Trova, filosofa, Togaci, critica e curatrice artistica, e Ottavia Starace, architetto.
L’HulaHoop è il nome comune di un gioco di forma circolare, privo quindi di gerarchie, che gira intorno alla vita, quando riesce. Un gioco che può passare da semplice a complesso, da divertente a spettacolare. L’HulaHoop è un movimento che si compie intorno all’arte, in tutte le sue forme espressive. Arte visiva, teatro, concerti, cabaret, mostre, costituiscono l’offerta culturale ampia ed articolata di HulaHoop che, tramite la collaborazione con il Museo d’Arte Urbana, troverà in Torino un nuovo e stimolante palcoscenico.

Programma della serata :

Personale di Flavio Parente

“Sublimazioni” _ “INANIMA” _ “Le Regioni dell’Anima”

a cura di Togaci ed Edoardo Di Mauro

Apertura della serata a cura della danzatrice e performer Noemi Valente, crotonese e torinese d’adozione.
Noemi Valente ha la capacità di filtrare l’aspetto individuale per farne un tema universale.

A seguire le “Let’s Combo” (Torino)
Elisa Aragno al flauto e la selezione musicale della dj Beatrice Tarantino creeranno un tappeto musicale trovando ispirazione nei video frattali di Flavio Parente.
Il risultato è un vivace e trascinante dialogo tra dj e flautista, all’insegna della libera improvvisazione di suggestioni sonore.

Per finire Michele Papa, musicista romano e scrittore, presenterà il progetto musicale “Lande” e il suo libro, raccolta di poesie, “Ottantotto dita meccaniche”, edito da Ensemble. L’attrice Matilde Vigna, di Rovigo e torinese d’adozione, leggerà alcuni brani più significativi.

MAU Museo d’Arte Urbana di Torino
L’Associazione HulaHoop Torino- Roma
via Rocciamelone ,7 Torino
orari chiuso il lunedì
martedì al sabato 13:00 alle 20:00

Info : 335 6398351-320 3542037
info@museoarteurbana.it
www.museoarteurbana.it
http://togaciarte.wix.com/togaciarte

Grafica :Chiara Luzi
http://chiaraluz.blogspot.com/
http://chiaralu2.tumblr.com/
http://imnothere-lu.tumblr.com/

Ufficio stampa :Galleryhulahoop
galleryhulahoop@gmail.com

Testo:

Il concetto e la pratica della rappresentazione artistica intesa come mimesi naturalistica ed il conseguente predominio della pittura entrano in crisi proprio dall’avvento della fotografia nella prima metà dell’ 800, estrema e conclusiva propaggine della modernità. Inizia da allora, e prosegue lungo il crinale novecentesco, quello che alcuni teorici definirono un vero e proprio “combattimento per un’immagine”, una tenzone tesa a stabilire il dominio sulla riproduzione del reale, con gli Impressionisti primi a scendere massicciamente in campo pronti a sfidare la tecnica fotografica nell’impari cimento della rappresentazione naturalistica. In realtà si tratta di un combattimento privo di senso e teso, semmai, a raggiungere un pareggio, una sostanziale pacificazione, come appare evidente analizzando le vicende storiche del Novecento, i cui effetti si prolungano ad occupare anche la prima parte di questo nuovo millennio. Come sostenuto da uno dei più preparati storici italiani della fotografia, Claudio Marra, con una tesi che mi sento di condividere, in realtà solo in parte la fotografia è stata un prolungamento della pittura con altri mezzi, più semplici ed immediati, al punto, in certi casi, da non richiedere neppure una particolare preparazione e professionalità nell’uso dello strumento, adoperato come una vera e propria protesi. In realtà la fotografia è dotata di uno statuto linguistico proprio e di un diverso livello referenziale nella rappresentazione della realtà, tali da apparentarla, semmai, alle modalità “extra – artistiche” introdotte nella teoria delle avanguardie storiche e portate a piena diffusione tra gli anni ’50 e ‘ 70 del secolo scorso, con la fuoriuscita dell’arte dal tradizionale alveo bidimensionale tipico della pittura per procedere verso una volontà di contaminazione con l’ambiente esterno inteso come piena omologia con il mondo, nel perseguimento di una esperienza estetica, quindi polisensoriale, totalizzante. Non che la pittura si sia arresa, tutt’altro. Ritornata prepotentemente sulla scena nella seconda metà degli anni ’70, dopo che il Concettuale l’aveva bandita come pratica manuale, quindi non totalmente asservita ad una dimensione noetica tipica dell’ala più radicale di quello stile, essa ha saputo rinnovarsi stante la sua innata capacità di metabolizzare, con procedimento metamorfico, tutto quanto proviene dall’esterno, interpretandolo con l’ atteggiamento tipico della dimensione simbolica ed allegorica, mediano tra pulsione interiore e distacco concettuale. La fotografia, nell’ultimo trentennio, si è avvalsa della disinibizione formale cifra stilistica del postmoderno per riversarsi massiccia nel panorama eclettico della contemporaneità privilegiando la funzione piuttosto che l’oggetto e diventando, negli anni ’80 ma ancora di più nel decennio successivo, la dimensione narrativa maggioritaria, in compagnia di quello che è stato il suo primo derivato tecnologico, il video. L’atteggiamento si è manifestato nella duplice accezione di una partecipazione “fredda”, tendente a privilegiare una classificazione impersonale ed asettica dell’esistente e della banalità quotidiana, ed un’altra dimensione “calda”, “psicologica”, in cui gli artisti hanno adoperato il mezzo come estensione del proprio io, per calarsi nel reale con atteggiamento di empatica partecipazione. Flavio Parente adopera il linguaggio della fotografia e, più in esteso, quello della tecnologia, per sfruttarne appieno le potenzialità di allargamento delle facoltà sensoriali, in una accezione autenticamente “estetica”, in pieno rispetto dell’etimologia del termine. La sua eclettica ed irrequieta ricerca sulle nuove frontiere dell’immagine lo porta a spaziare dalla fotografia, alla videoarte, alla regia cinematografica e documentaristica, dove l’esigenza di sperimentare si coniuga all’ impegno sociale.I suoi scatti fotografici non si manifestano come casuali e puramente documentari, ma testimoniano un’accuratezza formale mai fine a se stessa, frutto dell’importanza che l’artista dà ad un effetto finale che vuole essere il più preciso possibile. Quindi Parente coniuga una attenzione evidente ai temi del disagio individuale e collettivo, all’eclissi del sacro nella nostra dimensione sociale, con una resa estetica estremamente rigorosa ed appagante. Nei vari filoni di indagine visiva perseguiti dall’artista negli ultimi anni figurano volti umani resi con rara efficacia espressionista e senso della reatralità, adoperando i toni sfumati ed evocativi del bianco e nero ed una tecnica che si collega alla lezione delle avanguardie storiche, in particolare il fotodinamismo di Bragaglia. Una linea di ricerca recente vede Parente intento a scandagliare paesaggi, persone ed immagini, per dare conto ed evidenza della presenza della dimensione visiva del frattale. Il frattale è, in sintesi, un oggetto geometrico che si replica nella sua forma allo stesso modo su scale diverse, presente in natura. Questa evidenza viene indagata da Parente, ad esempio con immagini subacquee di rara suggestione, dove la figura umana, insieme all’oggetto, assume pose di ineccepibile regolarità geometrica. Di grande interesse anche l’ultima serie di opere. L’artista gira per chiese e musei di Roma, sua città di residenza, alla ricerca dei significati e dei simboli riposti tra le pieghe talvolta ermetiche dei grandi capolavori del passato, in particolar modo di quei dipinti e sculture del Cinque e Seicento dove gli artisti, per aggirare le imposizioni della Controriforma, insinuavano tra i meandri della composizione tracce di un ispirazione che non poteva manifestarsi in maniera diretta, ma doveva celarsi dietro nascoste allegorie, che la tecnologia contemporanea, così abilmente adoperata da Parente, è in grado di svelare ai nostri occhi, donandoci un’autentico reincanto dell’immagine.

Edoardo Di Mauro, gennaio 2015.

http://blog.contemporarytorinopiemonte.it/?p=20794

Personale di Flavio Parente “Sublimazioni” _ “INANIMA” _ “Le Regioni dell’Anima”

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