La mostra nata da un’idea di Alice Arduino, è organizzata in collaborazione con l’Associazione Tribùdelbadnightcafè ed il Centro Commerciale Artigianale Naturale Campidoglio Onlus, Il Cortile dei Bimbi e il Giardino di Concy, ed è accompagnata da un testo di Massimo Battaglio, da una nota critica di Edoardo Di Mauro, e dai vestiti da cerimonia di Mimmo Zaframundo.
Foto di Alice Arduino e Maria Vernetti
Fino al 29 maggio lunedì ore 17-19 o su appuntamento
Con il supporto di Agedo Torino e Circolo Maurice
Sponsor istituzionali : Regione Piemonte, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT
Sponsor tecnici : OIKOS Colore e Materia per l’Architettura, Fiammengo Federico srl
Partner : Officine Brand www.officinebrand.it
Info : 335 6398351 info@museoarteurbana.it www.museoarteurbana.itCol patrocinio del Comune di Torino
CIVIL LOVES
Tutta la storia del Novecento è stata caratterizzata dal rapporto tra arte e politica, che, dopo la Rivoluzione Industriale, si sviluppa al di fuori del dominio della ritualità. Gli strumenti di riproducibilità tecnica, come ben comprese Walter Benjamin, allargano enormemente la base fruitiva dell’arte e la collocano decisamente nella sfera della politica. Nella prima metà del secolo, l’epoca in cui nascono totalitarismi di vario colore, l’arte persegue con tenacia la possibilità di condizionare il potere, incanalandone le scelte al fine di costruire una società egualitaria, in cui il momento ludico della creatività sia considerato importante al pari del tempo di lavoro. La tragedia del secondo conflitto mondiale genera, nei primi anni del secondo dopoguerra, una disillusione negli artisti soprattutto relativamente ad un ruolo positivo che la tecnologia può giocare per creare una società estetica. In Italia abbiamo il dibattito, tutto interno alla sinistra post resistenziale, sul ruolo che intellettuali ed artisti possono ricoprire per agevolare un processo di profondo rinnovamento sociale, con la famosa contrapposizione, che durò poco, tra “figurativi “ ed “astratto -formalisti”. La ricostruzione ed il “boom economico”, fin dalla metà degli anni Cinquanta generano nuovo ottimismo e la convinzione, sviluppata dal Situazionismo di Guy Debord, Pinot Gallizio, Asger Jorn e Costant, di come l’arte e gli artisti debbano essere investiti da un ruolo di primo piano in una società in rapida evoluzione, e dell’abbattimento totale di qualsiasi barriera tra arte, vita e politica. Questa “onda lunga” proseguirà fino al Sessantotto ed al Maggio francese, con slogan come “l’immaginazione al potere” , di diretta emanazione situazionista, propagandosi per tutto l’arco del vitalistici, ma anche tragici e contraddittori, anni Settanta. Il decennio successivo, l’ingresso nella dimensione post moderna e l’esaltazione dell’individualismo generano, al netto di qualsiasi valutazione estetica, una rarefazione nei rapporti tra arte e politica, in cui, nei casi peggiori, si rinvengono nuovamente aspetti di cortigianeria e di esaltazione succube ed interessata del potere.
I tempi che viviamo, sotto la sferza del dominio della finanza e della globalizzazione, rivendicano nuove forme di partecipazione, che non si limitino a ricalcare, fuori tempo massimo, parole d’ordine ed atteggiamenti degli anni della contestazione. Il consenso ottenuto dalla street art, che è un’ espressione di libertà, è la prova di come l’arte avverta forte l’esigenza di riscoprire la sua dimensione etica. L’arte può e deve giocare un ruolo importante in questa fase storica. Le giovani generazioni si trovano a vivere nella dimensione di un’eterno presente, privi di punti di riferimento, e facile preda di demagoghi di ogni risma.
L’arte può sviluppare in concreto una riflessione importante sulle contraddizioni sociali e sulla necessità di salvaguardare libertà e diritti civili che non si devono dare per acquisti una volta per tutte, ma per i quali è necessario lottare, anche per allargarli alla luce dei nuovi bisogni.
In base a queste considerazioni, necessarie per contestualizzare la storia nell’attualità, è importante che, anche nella congiuntura “liquida” che stiamo attraversando, caratterizzata dalla incertezza del futuro e dalla crisi, questa ormai datata, delle ideologie e del senso progressivo del cammino dell’umanità, gli artisti non si arrendano e mantengano ben salda la loro posizione di attori sociali attivi, schierandosi a sostegno delle battaglie civili, contribuendo a rafforzarle donando a queste il loro senso estetico e la capacità di sintetizzare un’emozione.
Negli ultimi tempi ho operato come critico d’arte in questa direzione, in particolare modo nella mia funzione di direttore artistico del Museo d’Arte Urbana di Torino, un contenitore di arte pubblica che esercita una funzione “aperta”, ponendosi come punto di riferimento per tematiche sociali quali, ad esempio, l’accessibilità degli spazi urbani del quartiere Campidoglio, in cui il MAU è collocato, per i portatori di disabilità motoria. Nel corso del 2015, insieme a Togaci Gaudiano ed all’Associazione TeSSo, ho curato un partecipato Flash Mob contro due autentiche piaghe sociali quali l’omofobia e la transfobia.
Una legge sulle unioni civili finalmente è stata fatta. Certo è incompleta, ma penso che, date le difficoltà passate, si debba guardare al bicchiere mezzo pieno. Solo con una base di partenza si può aspirare ad un necessario miglioramento di un provvedimento che inizia a sanare il diritto all’unione ed all’amore delle persone.
Torino è stata da sempre città all’avanguardia nell’ambito della difesa dei diritti civili.
Ricordo i miei esordi da organizzatore e critico d’arte negli anni Ottanta, quando spesso frequentavo l’attiva scena Lgbt della città, passando serate al Triangolo Rosa di via Garibaldi, e partecipando alle prime edizioni del Festival Internazionale di Film con Tematiche Omosessuali “Da Sodoma ad Holliwood”, creato da Ottavio Mai e Giovanni Minerba.
Il Museo d’Arte Urbana ha accolto l’idea della fotografa Alice Arduino, ed ha organizzato, presso la sua Galleria nella sede di via Rocciamelone, “Dimmi di Si : ieri, oggi e domani”, collettiva fotografica sulle unioni civili a Torino, con le foto della stesa Alice Arduino e di Maria Vernetti, un testo di Massimo Battaglio, ed i vestiti da cerimonia di Mimmo Zaframundo.
Edoardo Di Mauro