Fino al 25 ottobre.
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La
mia azione di critico e promotore culturale è sempre stata tesa ad una
osservazione attenta ed il più possibile obiettiva dei mutamenti in atto
nella fenomenologia artistica contemporanea e ad un forte impegno nella
dimensione pubblica e sociale.
A metà degli Ottanta, nei primi anni
di un’attività che è nata come vocazione, a contatto con i giovani
autori di quell’epoca distante ma per molti versi ancora attuale, ho
registrato il rinnovamento della pittura dopo l’ondata della
Transavanguardia, in un clima di contaminazione multidisciplinare e di
enfasi espressiva, fortemente venata da suggestioni provenienti
dall’estetica metropolitana, dalla moda, dalla musica e, soprattutto,
dal fumetto.
Dagli States giungevano intanto gli echi delle gesta dei
primi graffitisti, che invadevano con la vernice spray gli anfratti
della metropoli e le subway, coniando, in piena post modernità, un nuovo
alfabeto pre moderno, mentre nelle discoteche, che al tempo frequentavo
anche come organizzatore e talvolta dj contaminando tra loro vari
generi, si iniziava a proporre il rap, a quelle esperienze strettamente
correlato.
Incanalatosi nella dimensione di un ingresso nel mercato
al più alto livello di quegli anni, comunque ancora equilibrato se
paragonato agli eccessi degli anni Duemila, soprattutto per le migliori
individualità quali Basquiat, Haring, Sharf, Cutrone , Ramalzee l’arte
di strada, oscurata per buona parte degli anni ’90 da altri fenomeni
quali il Post Human di Jeffrey Deitch e l’invadenza, soprattutto in
Italia, di un neo concettuale citazionista, stereotipato e molto
“politicamente corretto”, ha conosciuto nuovo vigore ed un allargamento
delle sue potenzialità di linguaggio con gradualità negli anni Zero.
Molti
giovani artisti hanno iniziato ad usare le strade e le piazze delle
città come luoghi per esprimere la propria creatività adoperando
tecniche diverse, con uno stile non più vincolato unicamente all’impiego
della bombola spray, che pure rimane veicolo privilegiato, con finalità
che vanno dalla critica sociale anche radicale alla rivendicazione
della libertà espressiva al di fuori dei canali tradizionali.
Ma
anche da questo punto di vista c’è da registrare una novità sostanziale.
Mentre l’ingresso dei graffitisti americani nelle strutture di mercato
apparve all’epoca come una sorta di “tradimento” della loro originale
vocazione underground, la maggior parte di questa nuova generazione non
vive alcuna contraddizione nel proporre la sua arte sia in strada che in
strutture espositive “tradizionali”. La forza e la sintesi del
linguaggio di molti tra gli artisti uniti a questo fattore rende il
fenomeno, a mio avviso, una componente innovativa nello scenario
artistico contemporaneo, come da profezia di Walter Benjamin che
sosteneva come l’arte, entrando grazie agli strumenti di riproducibilità
tecnica nella sfera della “politica”, fosse destinata a perdere l’aura
di esclusività che per secoli l’aveva contraddistinta.
Un’aura che è
inaspettatamente rientrata in scena negli ultimi anni grazie alle follie
del mercato ed all’esaltazione della personalità di artisti dello star
system ormai tramutatisi in veri e propri “brand” commerciali, ma che
fenomeni come quelli del writing e della street art sono in grado di
esorcizzare nuovamente.
Protagonista del “Wubik Solo Show” presso la
Galleria del Museo d’Arte Urbana è un artista da considerare uno dei
pionieri dell’arte di strada nella dimensione del writing, insieme a due
personalità come Maria Bruno in arte Sisterflash e Bostik, purtroppo
precocemente scomparsi, battistrada delle ondate successive che hanno
fatto di Torino uno dei centri propulsori del Muralismo.
Citando le
note biografiche dell’autore : “ Classe 1968, ha il suo primo impatto
con l’arte di strada nell’88 quando, vedendo alcuni stencil in giro per
Torino, cerca , per un breve periodo, di imitarli. Nel 1995, grazie a
DANK, conosce il mondo del writing entrando a far parte della sua prima
crew, la NSC. Unitosi alla TOTS e successivamente alla BOC inizia così a
dipingere sulle più disparate superfici urbane. Partecipa a tutti gli
eventi importanti nazionali ed
internazionali come l’Amazing Day, il
Meeting of Stiles, Step in the Arena, Urban Giant e diversi altri. Dal
1999 dipinge su tela, con varie tecniche, tuttora in evoluzione”.
Le tele di Wubik allestite per questa sua personale sono un’esperienza visiva sorprendente e completa.
Rimane
inalterato, pur nella netta predominanza della dimensione figurativa,
lo stile sintetico, incisivo e colorato del writing, di cui si
intravedono tracce sugli sfondi, e la composizione si caratterizza per
una complessità di spunti ed intuizioni formali, che danno corpo ad una
narrazione spesso assai articolata ed, al tempo stesso, di non ostica
lettura, grazie alla forte carica di sdrammatizzante ironia, ed alla
tendenza autobiografica che trapela dalla presenza dell’autore nei panni
del protagonista, in taluni casi facilmente riconoscibile, in altri
meno.
Wubik si raffigura all’interno di scenari metropolitani ed
interni d’ambiente, nei panni di santo protettore del writing e moderno
alchimista dell’immagine, narcisista eroe metropolitano e saggio cantore
del disincanto, incurante della casa che brucia dietro di lui.
La
presenza di elementi zoomorfi, giocattoli, strumenti del mestiere e
teschi che, nel suo caso, più che ammonimenti alla transitorietà
dell’esistenza appaiono come simboli di trionfo e ribellione, alla
maniera delle ciurme piratesche, forniscono all’insieme un valore
aggiunto di giocosa surrealtà e psichedelia.
Sono opere che parlano del presente collettivo e del vissuto dell’artista con giocosa e divertita profondità.
Edoardo Di Mauro, settembre 2021
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